sabato 7 dicembre 2013

Vogliamo un Paese smart e accogliente: per non smarrire legami e identità


Ieri e oggi due interessanti incontri in occasione della presentazione romana della Fondazione LAVORO PER LA PERSONA (http://www.lavoroperlapersona.it/spazio-ellepi/) nello spazio ELLEPI sui temi dell' "Innovazione tecnologica e capitale relazionale: in viaggio verso un futuro inclusivo". 
Nella prima tavola rotonda ieri pomeriggio abbiamo approfondito con Andrea Granelli e Matteo Bartolomeo i temi delle interrelazioni tra accoglienza, legami e identità con le tecnologie e nei territori, e il relativo ruolo strumentale e non finale sul quale ci siamo trovati tutti concordi. Approfondendo poi il caso dell'innovativo Hub creato e gestito da Matteo Barolomeo e dai suoi partners a Milano dove si studia, ricerca, lavora, chiacchera e prende un caffè anche con i ciclisti sui temi della sostenibilità, si è cercato di individuare alcuni possibili temi e proposte da approfondire e realizzare. Tra queste quelle più generali hanno contestualizzato il tema dell'accoglienza e dell'identità in territori ormai "foreste urbane" riempite di edifici, strade e linee ferrate ormai ai limiti della sostenibilità, dove noi persone siamo in profonda crisi di trasformazione dall'epoca delle certezze verso lidi sconosciuti e inesplorati. Che fare allora? Per ora continuare a approfondire i temi e,  in particolare come suggerito da Andrea Granelli, quello del viaggio - fisico e virtuale, turistico e personale - e dell'accoglienza. Un'accoglienza che è spazialità fisica )vedi l'Hub di Matteo),  e empatia, gratuità, dono, ospite e ospitante. Ma anche - come ho suggerito - iniziare concretamente a educare adeguatamente i giovani nelle scuole sulle tematiche dell'amore, della felicità, dell'empatia e del dono e non della competitività guerresca e della lotta nell'arena, come lo stesso Gariele Gabrielli - Presidente della Fondazione - ha ricordato nella presentazione. Ma anche informazione e formazione per noi adulti e anziani sulla conoscenza e consapevolezza del cambiamento sociale, economico e ambientale. Insieme non separati e divisi. E riforma vera e strutturale dell'organizzazione della PA ancora figlia di approcci e ideologie ottocentesche. 

 E' seguito un bella performance musicale della Ellepi Band  


E stamane la presentazione del libro "La costruzione del capitale fiduciario. Motivazione, imprenditorialità e libertà per una nuova politica dello sviluppo" scritto da Gaetano Esposito e Pietro Spirito e un interessante dibattito con Patrizia Cappelletti, Claudio Gnesutta, Luigi Mastrobuono Giuseppe Roma. Finalmente economisti che consapevoli di non essere più depositari della "verità" vanno alla ricerca di nuovi valori e parametri per misurare e valutare lo sviluppo oltre il capitale e il lavoro, oltre i numeri verso valori, sentimenti e emozioni, ovvero relazioni quali la fiducia per creare nuove condizioni più complesse,  ma anche più vere per uno sviluppo verso il benessere  e la sostenibilità.  E allora si riprendono i temi del cambiamento indispensabile nel nostro Paese , ma non solo come ha ricordato Giuseppe Roma, della politica, ma anche e sopratutto - come sottolineato da Luigi Mastrobuono - dei corpi intermedi, sindacati, associazioni di categoria, burocrazia della PA, che per ora fermano più che spingere per innovare. Fermano per conservare lo status quo e difendere vecchi interessi corporativi. 

Insomma il dibattito avanza, procede, la voglia di innovare si diffonde. Adesso dobbiamo passare al fare. 


giovedì 28 novembre 2013

SOSTENIBILITA' : UNICO FUTURO POSSIBILE

Interessante giornata a Milano sui temi della Sostenibilità. Il corso - tenuto dalla ONG "THE NATURAL STEP" ( http://www.naturalstep.org/it) ha illustrato i principali fondamenti per un progresso sostenibile possibile. Le ragioni alla base sono talmente facilmente intuibili (viviamo in una biosfera -la Terra e la sua atmosfera) che è chiusa e può far entrare e uscire solo energia. Tutto quello che produciamo rimane tra di noi.  Per questo dobbiamo cambiare sostanzialmente i nostri modi di vivere altrimenti entro pochi decenni rischieremo seriamente di scomparire come specie e insieme con noi (ma forse ci interessa di meno !)  animali, piante e ogni essere vivente.
Poiché in 4,5 miliardi di anni gli elementi prima materiali e poi viventi hanno trovato un equilibrio naturale (basato sostanzialmente sulla foto-sintesi) dovremmo cercare di rispettare tale equilibrio (del quale fino a qualche secolo fa facevamo parte anche noi finchè non abbiamo cominciato a crescere a dismisura - vedi slide di seguito) prendendo alcune elementari misure:



  1. smetterla di continuare a consumare sostanze estratte dalla crosta terrestre (dal petrolio ai minerali vari) se non siamo certi dei tempi di ricostituzione delle stesse rispetto ai tempi di consumo;
  2. smetterla di concentrare sostanze prodotte dall'uomo e non presenti in natura (molte derivanti dalla chimica) in quanto non compatibili con l'equilibrio raggiunto o troppo discordanti rispetto ai tempi e modi dei nuovi equilibri;
  3. smetterla di consumare e degradare fisicamente la natura. ( strade, taglio di boschi, cementificazioni, che riducono le superfici per la fotosintesi e non solo)
  4. consentire a tutte le persone presenti (per ora 7 miliardi) di soddisfare i propri bisogni (sussistenza, identità, creazione, riposo-ozio, partecipazione, libertà, comprensione, affetto, protezione)
Ci vorrà un pò di tempo. Ma non troppo! Certo non sarà facile considerati i secoli che abbiamo consumato nella convinzione e nell'educazione a considerare le risorse infinite, lo sviluppo infinito, la crescita infinita e insieme tutto settorializzato e specializzato. 
Approcci sistemici e complessi con una vision sostenibile. Ce la faremo?

sabato 23 novembre 2013

CENTRI STORICI: UN FUTURO COMPLESSO IN RETE CON LA POSTMODERNITA’


Nello specifico certamente quello della gestione in particolare dei CENTRI STORICI rappresenta un tema complesso e articolato che evidenzia il rischio accentuato di un assetto caotico e disordinato. Si tratta di prendere in conto alcune variabili che spesso non sono considerate con la dovuta attenzione, ma che potrebbero portare un contributo al tentativo di una gestione adeguata: SOSTENIBILITA’, IDENTITA’, SISTEMATICITA’, GESTIONE, SPERIMENTAZIONE e GOVERNANCE.

La sostenibilità.
Rappresenta l’ombrello sotto il quale ridefinire gli obiettivi e le strategie per un futuro progresso nuovo e compatibile con la natura. Un progresso, ricordandone la definizione che ne diede Pasolini già negli anni 60, e non uno sviluppo che vede solo crescite quantitative fino alla distruzione annunciata della Terra.  Si tratta di rivisitare e pianificare nuovi approcci e nuove modalità che vedano gli aspetti ambientali, economici, sociali, istituzionali e culturali al centro di una nuova visione non solo del nostro Paese, ma sinergica e insieme con il resto della Terra alle diverse scale di intervento. Una visione innanzitutto compatibile e fondata sui valori dell’amore, dell’empatia, dell’equità, dell’uguaglianza e della reciprocità tra esseri umani e con la natura. Una visione che faccia si che interventi, produzioni, servizi e attività umane siano ambientalmente “compatibili”, economicamente “sane”, socialmente “giuste”, istituzionalmente “adeguate” e culturalmente di “qualità”.  Come presupposto di fondo occorrerebbe divenire tutti consapevoli, in Italia e nel mondo, come ricorda Morin, di avere un destino, un’identità e un’origine terrestre comune e permettere a ognuno di soddisfare i propri bisogni materiali con sobrietà e vivere bene dal punto di vista qualitativo, dell’essere e non dell’avere, con il desiderio congiunto dell’autonomia e della comunità con l’altro, con amore, valorizzando e attuando i concetti di empatia, dono, reciprocità e gratuità.

L’identità.
Molte città italiane stanno mettendo fortemente a rischio la capacità nel futuro di accogliere pellegrini, turisti e persone di affari, di accudire i propri cittadini, di offrire esperienze ed emozioni. La città con tutta la sua storia, ma anche con tutto il suo presente e i suoi sogni per il futuro, la città come “scambiatore” della rete di un sistema storico e culturale. Città come sistema adattivo composta da una rete fatta di persone, monumenti, paesaggi, case, palazzi, strade, clima, storie e passaggi. Tutto questo non si sente, solo talvolta si vede, si percepisce e si vive.  
Per far ciò serve soprattutto avere un’identità per il futuro.  Un’identità, appunto, che deve misurarsi con la globalizzazione e non solo con il passato, di cui il centro storico rappresenta il simbolo e troppo spesso un simulacro, e connotarsi per un “qualcosa” che racconti e faccia vivere ai suoi abitanti, alle diverse comunità di interessi che compongono e scompongono e ai suoi turisti esperienze e aspirazioni, sogni e realtà che – venendo dal loro passato e non solo – li proiettino in un futuro possibile.  Centro storico che allora entra in rete con gli altri centri storici e in rete con i centri della modernità e della post-modernità nelle foreste urbane. Molte città italiane hanno alle spalle un coraggio mancato e di fronte un coraggio possibile.

La sistematicità.
Sia sotto l’aspetto istituzionale-amministrativo e gestionale sia sotto quello tecnico, la riqualificazione e valorizzazione dei centri storici deve poter programmare e gestire gli interventi in modo sistematico e globale, superando la compartimentazione che tende a settorializzare, nella pratica di. intervento, gli aspetti urbanistici così come quelli ingegneristici, architettonici, impiantistici, sociali ed economici.  Al contrario, il restauro, ma anche la nuova costruzione, così come la gestione di un complesso residenziale,  di una scuola, presentano un grado di interrelazione e di intersistematicità tra di loro e con altri aspetti quali la mobilità, l’energia, l’ambiente, talmente alto da risultare decisivo nella determinazione della qualità dell’insieme.
La natura ce lo ricorda ogni giorno. È per questo che la riqualificazione e la rigenerazione vanno ripensate e gestite approcciandole nella loro globalità, intersecando e interrelando tutti i fenomeni e i temi e ottimizzandone il grado di integrazione.  Si tratta perciò di rivisitare la cultura tecnica e anche il modus operandi della pubblica amministrazione che deve riconvertire allo stesso grado di complessità e globalità, l’opera di promozione, autorizzazione, compartecipazione, governo e controllo delle trasformazioni territoriali e delle nuove situazioni che ne sono determinate.

La gestione.
La principale variabile strategica sta nel fatto che nessun effetto è controllabile se non si gestisce realmente e concretamente il complesso dei fenomeni presenti. Si tratta infatti di affrontare gli aspetti urbanistici, architettonici, impiantistici, residenziali, di trasporto, sociali e antropologici, di servizi pubblici e privati, avendo in partenza una visione concreta della loro gestione sotto l’aspetto amministrativo e istituzionale, tecnico, della manutenzione, sociale ed economico-finanziario.
Si tratta di ridefinire i parametri per l’intervento nei centri storici, così come nelle città individuando sin dall’inizio adeguate forme di gestione dei servizi, con l’appropriato coinvolgimento dei privati ma in un’ottica di globalità e interrelazioni. Il fenomeno urbano non è, infatti, la pura e semplice sommatoria di funzioni distinte e separate, ma un insieme di interrelazioni funzionali che ha caratteristiche proprie di sistema aperto e adattivo. Se quindi la gestione delle singole funzioni (servizio di trasporto pubblico, sanità, scuola, rifiuti, commercio ecc.) rappresenta un obiettivo prioritario, lo è ancor più la gestione delle interrelazioni funzionali nel loro complesso.  Organizzare e gestire i vari livelli di interfaccia tra le distinte funzioni sono dunque la vera sfida per cercare di programmare e controllare la riqualificazione e gestione dei centri storici.

La sperimentazione.
È la via per guardare il rovescio della medaglia dei tentativi, falliti nei decenni passati, di voler individuare prima, e gestire poi, leggi e normative teoricamente perfette. Il fenomeno della modificazione urbana, che comporta un’attività di trasformazione continua del tessuto, delle tipologie, della funzionalità, dell’architettura, è invece talmente complesso e articolato da non potersi trattare impiegando principi astratti, senza “sperimentarlo” e senza tentare le alternative plausibili sotto i vari aspetti sottoponendole alla prova della gestione del processo.
Nuovi iter per l’approvazione, nuovi rapporti con l’utenza e con l’opinione pubblica, nuovi e più complessi sistemi di progettazione, nuove modalità di gestione della città, possono e devono passare da una fase puramente teorica a una sperimentale mirata.
Una sperimentazione che deve necessariamente prendere linfa anche , se non sopratutto, dai casi innovativi già in corso e , senza farne una banale fotocopia, copiarli adattandoli alla specifica realtà urbana e territoriale.

La governance e la partecipazione.
Sono le persone le protagoniste, il target, lo strumento, i beneficiari in corso e finali di ogni attività, azione e intervento nel centro storico di una foresta urbana.  Due allora i pilastri per un’innovativa gestione del territorio che veda nella condivisione tra gli attori e nella partecipazione, le basi di un nuovo modo di vivere nel benessere naturale.  Per quanto riguarda la governance sono tutti coloro che ricoprono ruoli particolari e specifici nell’ambito della gestione pubblica o privata, nell’amministrazione pubblica, nelle imprese, nelle imprese a movente ideale con le loro interrelazioni che la rappresentano e il cui modello e stabilità sono un fattore essenziale per garantire la riuscita delle azioni generali e specifiche. A tal proposito la complessità della gestione di un territorio è talmente alta che il modello tradizionale è insufficiente. La tendenza verso l’autorganizzazione diventa allora sempre più forte per una governance pubblica per impostare e gestire l’intero processo, anche se oggi persistono alcune caratteristiche che non gli consentono di estrinsecare e di mettere a regime adeguatamente le sue funzioni.
Un’organizzazione degli Enti Locali ancora ferma a concetti e suddivisioni superati, settoriali e per compartimenti stagni che frenano e ostacolano i flussi naturali e complessi della gestione e realizzazione di attività e progetti.  D’altro canto di fronte alla complessità dell’intero processo progettuale, realizzativo e gestionale di un intervento, morta e sepolta l’idea di poter risolvere i problemi pianificando e programmando tutto, la partecipazione delle persone interessate all’intervento deve diventare parte attiva del processo, intesa come una strategia per migliorare sia l’efficienza sia l’efficacia dell’azione pubblica.  
Una partecipazione, dunque, che si adatta di volta in volta alla situazione e all’obiettivo da perseguire, all’analisi delle persone coinvolte attivamente e passivamente, agli attori necessari e a quelli desiderati. Un “Confronto Creativo” come lo definiscono Sclavi e Susskind, dove la politica e la pubblica amministrazione propongono sulla base dei bisogni e dei desideri e chi partecipa esprime non solo ostacoli e negatività, ma necessità e proposte, idee e suggerimenti per ottimizzare gli obiettivi e la loro realizzazione.  Persone che rappresentano interessi di imprese profit e non profit, persone che governano il processo di intervento, persone che domandano: emerge con forza la necessità di un approccio sistemico per contemperarne gli input e gestirne gli output, ottimizzando – per quanto possibile – risorse e risultati attesi. La prospettiva positiva e ottimistica è quella di arrivare a condividere esigenze e bisogni del particolare per risolverli nel generale.

Intervento al FRIULI FUTURE FORUM sll'incontro su "IL FUTURO DEI CENTRI STORICI" 
Udine, 22 novembre 2013


  

IL FUTURO DELLE FORESTE URBANE

http://www.friulifutureforum.com/2013/11/20/future-forum-2013-il-futuro-della-citta-e-nella-partecipazione/

giovedì 21 novembre 2013

“DALLE CITTA’ ALLE FORESTE URBANE: COMPLESSE, CONDIVISE E PERSONALI”


Dopo aver inquadrato la situazione ambientale e socio economica in corso che riguarda perlomeno il mondo cosi detto “occidentale”, e che è rappresentabile come una forte fase di cambiamento di paradigma e quindi delle persone che vivono nelle città ormai “foreste urbane”, ci si sofferma su i quattro aspetti che caratterizzeranno le trasformazioni urbane dei prossimi decenni.  In particolare si ritiene che:
1)   i territori sono FORESTE URBANE: conseguenza della crescita degli esseri umani, dell’invasione della terra;
2)   le citta’ saranno complesse: INTERDISCIPLINARI E INTERFUNZIONALI: conseguenza della complessita’ ritrovata e trovata consapevolmente
3)   le citta’ saranno governate dalle PERSONE: conseguenza dell’evoluzione della cultura
4)   le citta’ saranno il luogo della CREATIVITA’: conseguenza dell’evoluzione della  storia

In particolare ognuna di queste caratteristiche dovrà comportare approcci innovativi e un sostanziale cambio di modalità gestionali e progettuali delle città. Pubblica Amministrazione, imprese, imprese sociali si troveranno al tavolo della governance insieme con tutta la gente abitante della foresta urbana ormai acculturata e sostanzialmente soddisfatta dei bisogni primari e quindi “geneticamente” più pronta, capace e desiderosa di partecipare e proporre idee e progetti per la propria comunità.

I territori saranno sempre più FORESTE URBANE [1] in tempi di modernità liquida e di città-mondo, tutto avverrà al di fuori delle mura perimetrali. Confini territoriali e immaginari non cingono più le polis di un tempo, ma si confondono nell’ubiquità di un’unica città senza nome. Territori postmoderni work in progress continui: foreste secolari che hanno subito ondate di taglio selettivo o aree ricresciute ai margini, dopo operazioni di “taglia e brucia” (“slash and burn”). In questo contesto di cambiamento va rivisitato il vecchio obiettivo – come tanti altri - di pianificare e realizzare città perfette e occorrerà :

·      dare residenza alla SPERIMENTAZIONE. La città deve rendere trasparenti e open i processi di innovazione e divenire così un sistema di Living Lab, laboratorio a cielo aperto dove sperimentare le nuove soluzioni del vivere, con-vivere e produrre urbano.
·      praticare AGOPUNTURA URBANA. Promuovere l’assetto urbano nelle piccole dimensioni sperimentando interventi di riqualificazione dei quartieri secondo una logica previsionale e sostenibile (ambientalmente, economicamente, e socialmente) di ampio respiro, capace di coniugare committenza privata e ragioni del contesto sociale.
·      valorizzare il GENIUS LOCI. Costruire una via tutta italiana all’idea di città intelligente: promuovere il passaggio dal concetto di smart city a quello di senseable city, che non guardi al paesaggio urbano esclusivamente come luogo dei consumi. Luoghi comuni come sensori e attivatori dell’informazione e della comunicazione.

Ma la citta’ è anche complessa: INTERDISCIPLINARE & INTERFUNZIONALE. Se per i processi di produzione industriale è finita l’epoca fordista, anche per i processi di intervento sul territorio si è conclusa l’epoca “ingegneristica” o “economicistica” e anche “urbanistica”.
La complessità delle interrelazioni tra le molte componenti necessarie per raggiungere l’obiettivo di progettare , realizzare e gestire, richiede interventi capaci di far interagire temi e specializzazioni diversi e al contempo l’obiettivo stesso che si vuole raggiungere è integrato e interdisciplinare: non è più il risultato di una cultura specialistica, ma un vero e proprio sistema, una rete complessa di riferimenti culturali ed esperienziali.
L’interdiscipinarietà, l’integrazione, la multiculturalità ovvero la complessità: la tecnica, l’economia, la finanza, l’ambiente, il sociale, la comunicazione, la psicologia. C’è una ricetta con gli stessi ingredienti per ogni intervento. C’è una rete di interrelazioni e di informazioni che connette – di volta in volta in forme, contenuti e tempi diversi – le componenti di un progetto e ne consente la realizzazione.
Gestire - vivere - produrre - muovere – sperimentare. Cinque momenti complici e complementari per afferrare con mano complessa la città contemporanea. Temi che entrano in una polifonia sollecitata da ciascun momento. Dove contenuto e contenitore riflettono la stessa volontà di superare i recinti disciplinari per accendere il dialogo, la partecipazione e il confronto.  Per questo sarà importante :
·      afferrare il contemporaneo con MANO COMPLESSA e rinunciare alla semplificazione: la complessità della fenomenologia urbana reclama uno sguardo sistemico, l’interazione di competenze e specializzazioni diverse, un approccio integrato e interdisciplinare. L’esito di un programma complesso e di una strategia di interazione con i soggetti, le istituzioni, le comunità, i gruppi che abitano e usano il territorio.
·      ASSETTO COMPLESSO. I processi di riqualificazione e di pianificazione vanno gestiti con almeno due presupposti di base:
o   Mobilità e residenzialità delle funzioni come variabili di base;
o   Interessi e funzioni dei cittadini, delle imprese, delle organizzazioni di volontariato e della amministrazione pubblica come riferimento biunivoco continuo e permanente

Insieme alla complessità, “dobbiamo liberarci dalla tendenza di considerare le città come l’insieme dei loro edifici, e ricordare che la città è fatta di carne, non di calcestruzzo.” Ci ricorda il sociologo americano Glaeser.
Quello che è certo è che nell’epoca in cui siamo abbiamo bisogno nella  governance dei territori della PARTECIPAZIONE. Sono le persone insieme con le imprese, le imprese sociali, le amministrazioni pubbliche, le protagoniste, il target, lo strumento, i beneficiari in corso e finali di ogni attività, azione e intervento nella foresta urbana.

Siamo passati, nel clima postmoderno, dall’urbanistica alla Mumford che aveva come parametro di riferimento l’Uomo, alla gente. Conseguentemente occorrerà:

·      progettare in FORMA APERTA. Il progetto è itineranza e mediazione. Obiettivo: cogliere e capire i germogli di vita relazionale, rendere infrastruttura ciò che è stato suggerito dagli abitanti.:
·      rovesciare la PIRAMIDE. Chi tradizionalmente sta alla base della vecchia dinamica top-down deve essere posto al vertice, per esprimere bisogni e desideri ed esercitare consapevolmente il ruolo di partecipazione e indirizzo.
·      dare spazio alla COMUNITÀ. La città è un bene comune, abitata dal “noi” sociale.
·      condividere il PROGRESSO. La città come luogo di sperimentazione e applicazione di nuove modalità partecipative alle attività di progresso per un benessere sostenibile
·      INVESTIMENTI E RISORSE INTEGRATE tra le diverse pubbliche amministrazioni che governano il territorio.

Tutti elementi e caratterizzazioni quelle sopra sintetizzate che avranno un “loro perché” nel momento in cui la città sarà un luogo di CREATIVITA’. Un luogo, uno spazio, un territorio che prima vittima della delocalizzazione produttiva diviene ora protagonista di localizzazione creativa. Recentemente Enrico Moretti ha descritto l’importanza della città in quanto luogo per eccellenza della creatività e dell’innovazione stante la localizzazione di persone che la generano nelle università, imprese, comunità di interessi. Una localizzazione che ogni volta che genera un posto di lavoro ad alto contenuto tecnologico ne produce altri cinque nuovi.
Si tratta di riconsiderare quindi la città e il suo contorno “forestale” come luogo della creatività delle persone che si incontrano e quindi di creare le condizioni perché ciò avvenga con continuità
Assistiamo infatti da alcuni anni recenti al doppio fenomeno di imprese che tornano in città (fine del funzionalismo urbano) e di imprese che cercano qualità e quindi le persone capaci e preparate. Emerge quindi con forza la necessità di implementare sia la presenza, sia la qualità e sia le interrelazioni tra UNIVERSITA’, IMPRESE, SERVIZI PUBBLICI, CULTURA e  “allestire esperienze”. Il futuro è l’esperenzializzazione: la fruizione di servizi tangibili e intangibili attraverso l’evocazione della città immaginata e della città vissuta.

SINTESI DELL'INTERVENTO TENUTO IN OCCASIONE FRIULI FUTURE FORUM SUL TEMA DI "LE ESPERIENZE DI TRASFORMAZIONE URBANA CHE CAMBIERANNO LE NOSTRE CITTA’" - Udine 19 novembre 2013
http://www.friulifutureforum.net/futureforum/iv-settimana/
[1] In questo contesto si è tenuto a Roma pochi mesi or sono la Conferenza internazionale “La città senza nome. Foreste Urbane” a cura del CENTRO INTERDISCIPLINARE DI RICERCA SUL PAESAGGIO CONTEMPORANEO (www.cittasenzanome.org) e dell’Associazione ITALIA 2020 (www.associazioneitalia2020.it) dove si è cercato di fare il punto sulla situazione che, partendo da una serie di presupposti derivanti da un approccio sistemico e interdisciplinare, ha portato a delineare alcune linee di tendenza che qui sono citate nei diversi temi. L’iniziativa è stata ideata e curata da Fulvio Caldarelli, Claudio Cipollini e Maurizio Rossi.

sabato 20 luglio 2013

Ricordando Einstein.....

Qualcuno (!) da quasi un secolo ci ricorda alcuni passi fondamentali per uscire dalla crisi. Uno mi sembra ancora più fondamentale: "la voglia di lottare per superarla". Ma qui ho l'impressione che molti parlano, pochi lottano.

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscure. E’ nella crisi che sorgono l’iniziativa, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi se stesso senza essere “superato”. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e da più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di tutti noi, perché senza crisi tutti i venti sono lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.” A. EINSTEIN. Il mondo come lo vedo io. 1931

martedì 2 luglio 2013

CITTA’ SMART E IMPRESE: L’OTTIMISMO DELLA RAGIONE E IL PESSIMISMO DELLA REALTA’

La città, è da sempre, il luogo reale dove si incontrano e scontrano realtà differenti: cittadini, imprese, istituzioni. Realtà diverse e mutevoli accomunate da una sola grande esigenza: vivere e coabitare in uno spazio accogliente e utile. Del resto la civiltà è nata nelle città. Il termine stesso deriva dalla civilitas latina e quindi dal civis, l’abitante delle città. La polis greca, la urbs romana, il comune medievale, sono esempi reali di una evoluzione sistemica degli spazi abitativi. Una realtà mutevole che nei secoli ha modificato radicalmente i propri assetti. Pensare solo che si è passati da 791 milioni di persone nel 1750 a circa 6 miliardi nel 2000 e il trend è in continua crescita (8 miliardi nel 2028 e 10 miliardi nel 2050), dei quali ormai oltre la metà vivono in aree urbanizzate, rende chiara e evidente l’evoluzione in corso e il relativo ruolo delle città. Una realtà mutevole, quindi, che impone una profonda riflessione e uno sguardo attento e critico. Il mio punto di vista è quello di un progettista che da 35 anni lavora quotidianamente per la realizzazione di politiche per lo sviluppo, ma che allo stesso tempo vive nel tessuto cittadino, politico e sociale. Per questo vivo una profonda dicotomia data dall’ottimismo della ragione e dal pessimismo della realtà.
La ragione mi impone di guardare il futuro con ottimismo, credendo in un miglioramento delle città e del tessuto socio - economico, che passa attraverso la sempre maggiore interconnessione delle aree urbane, dove centri cittadini, periferie e territori diventino poli di uno stesso sistema: le foreste urbane. L’impulso dato dalle nuove tecnologie aumenta questo ottimismo. Abbiamo alla nostra portata strumenti che facilitano lo scambio di idee, di progetti, di lavori, che ci aiutano a raggiungere un traguardo di una piena condivisione tra cittadini, co-working tra imprese e corresponsabilità tra le istituzioni. Lo stimolo positivo di Europa 2020, da cogliere, impone agli Stati europei la realizzazione di una crescita intelligente, ovvero basare lo sviluppo economico sulla conoscenza e sull’innovazione, di una crescita sostenibile, mediante un’economia più efficiente, più verde, più competitiva e di una crescita inclusiva, ovvero promuovere un’economica che favorisca l’occupazione e la coesione territoriale.  
Ma il sano ottimismo della ragione si scontra con i dati che la realtà, crudelmente, ci mostra.  Abbiamo un tessuto imprenditoriale in Italia, dato soprattutto da piccole e medie imprese, che colpiti dalla crisi economica globale, hanno perso la capacità di progettare il futuro. Vivono con il solo obiettivo di sopravvivere nel breve, anzi brevissimo periodo.   Abbiamo un sistema produttivo che ha smesso di cooperare e collaborare. Che ha dimenticato – come ricorda Luigino Bruni[1] di essere figlio di quegli artigiani-artisti che hanno portato nel mondo il Made in Italy e reso grandi i nostri distretti. Un sistema che mira solo a difendere le rendite, ovvero posizioni di potere acquisite, come lo stesso governatore della Banca d’Italia ha ricordato lo scorso 31 maggio.  Abbiamo dimenticato il senso del bene comune, il senso della tutela di ciò di cui abbiamo, i motivi per cui vale la pena difendere il nostro territorio.  Abbiamo realtà cittadine che sono poco vicine alle esigenze di chi vi abita. Città con poca mobilità, con tante periferie scollegate e abbandonate, con il problema dello smaltimento dei rifiuti, con una disgregazione sociale che logora dalle fondamenta il senso vero della civitas. Realtà dove le imprese, malgrado ne siano la funzione fondante, sono troppo spesso un sistema a se stante, estraneo nelle politiche, nella programmazione, nella gestione, alla vita urbana.
Per uscire da questo vortice regressivo e da questo “accantonamento” bisognerebbe rompere alcuni tabù, che con il tempo si sono creati e provare a trovare nuove strade per un progresso sostenibile. I tabù sono quelli del digitale, della rete, dell’identità e della qualità, della sostenibilità, della semplificazione e della cultura e innovazione. Sette tabù da trasformare in sette virtù capitali [2].
Ma bisognerebbe, altresì, non cadere nella tecnocrazia nuda e cruda. Non dovremmo lasciarci sopraffare dall’idea che le nuove tecnologie siano la soluzione di tutti i mali. L’innovazione digitale dovrebbe essere contemporaneamente infrastrutturale e culturale, dove la prima non ha senso senza la seconda e viceversa. I dati, su questo, ancora una volta sono poco confortanti. Nel 2013 in Italia il 90% delle imprese ha un pc e la connessione a internet, ma solo l’11% utilizza sistemi di e-government, appena il 3,2% usa internet per l’ecommerce, il 5% attua la promozione dei propri prodotti via social network[3]. Non sono solo le imprese a non cogliere la sfida dell’innovazione digitale ma anche le Pubblica Amministrazione. Retecamere ha condotto un’indagine tra aprile e maggio 2013, dove è stato riscontrato che dei 240 enti pubblici che hanno fornito una risposta, rispetto ai 308 contattati, solo il 47% dispone di impianto di connessione wifi nella propria sede e solo il 34% ne consente l’utilizzo agli ospiti. Nella classifica sulle 132 città innovative al mondo vi sono solo tre città italiane: Milano, Roma e Torino. Tanto per fare una breve comparazione con i nostri “competitors” europei la Francia nel vanta 11 e la Germania 18 [4].  Dati, quindi, che mostrano come nonostante il digitale contribuisca a cambiare il modo di fare politica e il modo di comunicare tra PA e imprese e tra imprese e PA, siamo ancora ad un lento approccio tecnologico, (ovvero il dotarsi di…), senza l’approccio sistemico che il digitale offre. La domanda che non ci si può non porre è quindi: cosa i principali attori delle città, cittadini, imprese e istituzioni, dovrebbero fare per avviare il cambiamento? Bisognerebbe iniziare, innanzitutto, ad avere approcci e sviluppare metodologie sistemiche e non settorializzate. Le politiche pubbliche non possono prescindere dai progetti condivisi e cogenerati dalle diverse istanze sul territorio. Le pubbliche amministrazioni territoriali: Camere di Commercio, Comuni, Provincie e Regioni non dovrebbero correre il rischio di creare azioni senza il partenariato di imprese, cittadini e organizzazioni del terzo settore, oltre che condividendo i rispettivi programmi. Bisognerebbe rieducarsi alla programmazione. L’approccio “alla giornata” non può portare a nulla di buono e di diverso rispetto a quanto realizzato fin’ora. Bisognerebbe riaffermare la cultura telocratica su quella tecnocratica o peggio ancora su quella burocratica, dove il telos sia uno sviluppo imprenditoriale basato sull’impulso positivo anche del digitale. Un’agenda che porti in ogni azienda la cultura digitale, faccia capire che la delocalizzazione dei punti vendita è possibile grazie all’e-commerce, che la diffusione e l’apertura dei dati possa essere leva competitiva per le imprese, che stimoli la diffusione della banda larga per il pieno accesso alla rete con le connesse opportunità. Una agenda che sia linfa vitale per la creazione di smart city a vantaggio di tutti e non solo dei produttori di tecnologie spesso, ma non sempre utili.
Per realizzare tutto questo è possibile tracciare una road map, che vede imprese, Camere di commercio, Pubbliche Amministrazioni e centri di ricerca fare ognuna la propria parte per la concreta e fattiva realizzazione.
Nello specifico le imprese dovrebbero:
1.   accelerare il ricambio generazionale assumendo nativi digitali e le loro competenze naturali, destinando il personale più esperto al tutoraggio della nuova forza lavoro;
2.   adottare soluzioni digitali per la gestione dei processi aziendali, dai più semplici (protocollo, posta elettronica certificata, firma digitale) alla fatturazione elettronica e all’Enterprise Resource Planning per la gestione dell’impresa;
3.   adottare cicli di formazione volti all’innovazione con una cadenza minima annuale;
4.   accettare il rischio di investire nel digitale.

Le Camere di commercio dovrebbero:
1.    stimolare nuove imprese proponendo opportunità ai giovani, ma non solo, di aprire startup per mettere in pratica le proprie idee, i prodotti locali, le proprie esperienze creative, sfruttando le potenzialità offerte dall’ecommerce;
2.    accompagnare le piccole e medie imprese nei processi di delocalizzazione delle vendite mediante le piattaforme di ebusiness;
3.    promuovere la cultura digitale delle micro e piccole imprese;
4.    aprire e rendere fruibili i propri dati sia socio-economici, sia del registro imprese (peraltro già di fatto open);
5.    promuovere l’incontro tra la domanda e l’offerta di innovazione sul territorio, al fine di evitare la “fuga di cervelli creativi”.

I Comuni e le altre istituzioni a carattere locale dovrebbero:
1.   garantire la piena funzionalità degli sportelli unici per le attività produttive;
2.   automatizzare i servizi transattivi (ad esempio la concessione di licenze), spersonalizzando ed efficientando il rapporto con le imprese;
3.   creare infrastrutture per la mobilità e la banda larga, mediante coworking con privati e altre pubbliche amministrazioni e offrire una piena disponibilità di connessione alla rete grazie al wifi, creando spazi pubblici attrezzati (piazze, giardini pubblici, fermate di autobus o metropolitane, ecc.);
4.   realizzare nei punti strategici delle città dei chioschi digitali al pieno servizio della cittadinanza e dei turisti;
5.   predisporre piani regolatori ascoltando e condividendo le esigenze delle imprese e delle organizzazioni no profit, oltre alle altre pubbliche amministrazioni.

Le Università e i centri di ricerca dovrebbero:
1.   Accentuare le relazioni con le imprese e creare programmi efficaci di gestione tra domanda e offerta lavorativa.

Tutti, dico tutti, dovrebbero accettare di fare un passo indietro perdendo un po' di autonomia, per farne due avanti attraverso la condivisione dei programmi e degli obiettivi e individuando le responsabilità, le priorità, i tempi e i costi. Il tutto attraverso un Patto di Condivisione pubblico, trasparente con il quale rispondere ai cittadini tutti. Questa la tabella di marcia che gli attori della città dovrebbero rispettare per il raggiungimento di quella ottimistica visione data dalla ragione, ma come dovrebbe “rispondere” la città a queste politiche? Come si può realizzare una trasformazione positiva in spazi urbani abili e soprattutto sensibili?  Diventando consapevoli tutti – incominciando dalla classe dirigente - che una foresta urbana non è perfettibile, ma migliorabile, non con manuali e vademecum[5] omnicomprensivi, ma con una “cassetta degli attrezzi” che consenta di governare al meglio i processi della programmazione, realizzazione e gestione delle politiche e degli interventi. Un approccio innovativo che abbia almeno nella identità del futuro, sistematicità, sostenibilità e sperimentazione alcuni dei punti di riferimento di base [6].



[1] BRUNI L. “Le nuove virtù del mercato nell’era dei beni comuni” Città Nuova Editrice. Roma. 2012
[2] Cipollini C. “Una crisi per un progresso sconosciuto. Artigiani e imprenditori di fronte al cambiamento” in Quaderni di Ricerca sull’artigianato. N.62/2012
[3] Ricerca Retecamere CATI su 1.000 imprese Giugno 2013
[4] Australian Innovation Agency -2 think now –  7th Annual Innovation Cities Index 2012-2013
[5] Cipollini C. (2011) “La mano complessa. Condivisione e collaborazione per lo sviluppo dei territori “. ETS Edizioni. Pisa. 2011
[6] Vedi gli interventi su you tube http://www.youtube.com/user/AssociazioItalia2020/ svolti nel Convegno Internazionale: La città senza nome. Le Foreste Urbane MAXXI – novembre 2012

venerdì 31 maggio 2013

KIM e i colori del mondo


Care amiche e Cari amici,
Vi invitiamo a partecipare e a diffondere il più possibile la festa “KIM e i colori del mondo” che si terrà il 9 giugno dalle ore 17, presso l’Associazione Kim, in Via di Villa Troili 46.
Con questa festa KIM vorrebbe  lanciare un messaggio di solidarietà al nostro territorio e a tutti coloro che in questi anni hanno sostenuto e hanno creduto nel suo lavoro.
Vi aspettiamo numerosi!
Per altre notizie sulla festa vedere la LOCANDINA in allegato.

Per info e prenotazioni: info@associazionekim.it

Scarica la locandina: 



giovedì 23 maggio 2013

FORZA ROMA !!! ( OLTRE IL DERBY!)

" Se va bene il prossimo Sindaco sarà persona onesta, ma non basta. Io dico che questa è la Capitale e meritava qualcosa e meritava un uomo che fosse sintesi di Fellini, Michelangelo e Papa Giulio II . Ma evidentemente i partiti non capiscono cos'è Roma" Domenico De Masi, Corriere della Sera . Cronaca di Roma 23.5.2013.
IO CI AGGIUNGO ANCHE LA NOSTRA CITTA' E' STATA LA CAPITALE DELLA CULTURA ROMANA E CRISTIANA E UN PO' ANCHE RINASCIMENTALE(!) E CHE SE FOSSE UNA DONNA ANDREBBE BENE UGUALE.....BRAVO DE MASI!

5x1000 per KIM

Cara amica, Caro amico
Ti rinnoviamo l’invito a devolvere il tuo 5x1000 all’Associazione Kim, si tratta di un gesto concreto e molto importante per noi.
Basta inserire il codice fiscale dell’Associazione e contribuirai a rendere possibili le terapie e le cure necessarie per i nostri bambini.
Ti chiediamo di aiutarci a diffondere il messaggio di cui Kim è portatrice, chiedendoti anche di diffondere la nostra campagna ai tuoi amici, familiari e conoscenti.
Grazie da tutti i bambini e le mamme della Casa di Kim





Con il tuo 5x1000 sostieni l'Associazione KIM Onlus per collaborare concretamente nel rendere possibili le terapie necessarie, presso gli ospedali di Roma, a favore di bambini provenienti da Paesi che non possono garantire loro la vita. Nella prossima Dichiarazione dei Redditi inserisci il Codice Fiscale 963337070583 nello spazio riservato a tale funzione ed aiutaci a diffondere quest'iniziativa. Grazie!


Associazione KIM Onlus
Via di Villa Troili, 46
00163 Roma