La situazione ambientale e socio economica in
corso che riguarda perlomeno il mondo cosi detto “occidentale”, è
rappresentabile come una forte fase di cambiamento di paradigma e quindi delle
persone che vivono nelle città e conseguentemente nei centri storici.Il fenomeno urbano si caratterizza allora su quattro aspetti principali che ne qualificheranno le trasformazioni dei prossimi decenni: foreste urbane, ovvero territori ormai ricoperti dal costruito e da persone; complessità, ovvero necessità di affrontare le tematiche della programmazione e della gestione dei territori con approcci sistemi e complessi e non più settoriali e riduzionisti; persone e quindi partecipazione e propositività progettuale:creatività e cultura come elementi fondanti di un benessere e non di un “benavere”.
Nello specifico
certamente quello della gestione in particolare dei CENTRI STORICI rappresenta
un tema complesso e articolato che evidenzia il
rischio accentuato di un assetto caotico e disordinato. Si tratta di prendere
in conto alcune variabili che spesso non sono considerate con la dovuta
attenzione, ma che potrebbero portare un contributo al tentativo di una
gestione adeguata: SOSTENIBILITA’, IDENTITA’, SISTEMATICITA’, GESTIONE, SPERIMENTAZIONE e GOVERNANCE.
La sostenibilità.
Rappresenta l’ombrello sotto il
quale ridefinire gli obiettivi e le strategie per un futuro progresso nuovo e
compatibile con la natura. Un progresso, ricordandone la definizione che ne
diede Pasolini già negli anni 60, e non uno sviluppo che vede solo crescite
quantitative fino alla distruzione annunciata della Terra. Si
tratta di rivisitare e pianificare nuovi approcci e nuove modalità che vedano
gli aspetti ambientali, economici, sociali, istituzionali e culturali al centro
di una nuova visione non solo del nostro Paese, ma sinergica e insieme con il
resto della Terra alle diverse scale di intervento. Una visione
innanzitutto compatibile e fondata sui valori dell’amore, dell’empatia,
dell’equità, dell’uguaglianza e della reciprocità tra esseri umani e con la
natura. Una visione che faccia si che interventi, produzioni, servizi e
attività umane siano ambientalmente “compatibili”, economicamente “sane”,
socialmente “giuste”, istituzionalmente “adeguate” e culturalmente di
“qualità”. Come presupposto
di fondo occorrerebbe divenire tutti consapevoli, in Italia e nel mondo, come
ricorda Morin, di avere un destino, un’identità e un’origine terrestre comune e
permettere a ognuno di soddisfare i propri bisogni materiali con sobrietà e
vivere bene dal punto di vista qualitativo, dell’essere e non dell’avere, con
il desiderio congiunto dell’autonomia e della comunità con l’altro, con amore,
valorizzando e attuando i concetti di empatia, dono, reciprocità e gratuità.
L’identità.
Molte città italiane stanno mettendo fortemente a rischio la capacità nel
futuro di accogliere pellegrini, turisti e persone di affari, di accudire i
propri cittadini, di offrire esperienze ed emozioni. La città con tutta la sua
storia, ma anche con tutto il suo presente e i suoi sogni per il futuro, la
città come “scambiatore” della rete di un sistema storico e culturale. Città
come sistema adattivo composta da una rete fatta di persone, monumenti,
paesaggi, case, palazzi, strade, clima, storie e passaggi. Tutto questo non si
sente, solo talvolta si vede, si percepisce e si vive.
Per far ciò serve soprattutto avere un’identità per il futuro. Un’identità,
appunto, che deve misurarsi con la globalizzazione e non solo con il passato, di
cui il centro storico rappresenta il simbolo e troppo spesso un simulacro, e
connotarsi per un “qualcosa” che racconti e faccia vivere ai suoi abitanti,
alle diverse comunità di interessi che compongono e scompongono e ai suoi
turisti esperienze e aspirazioni, sogni e realtà che – venendo dal loro passato
e non solo – li proiettino in un futuro possibile. Centro storico che allora entra in rete
con gli altri centri storici e in rete con i centri della modernità e della post-modernità
nelle foreste urbane. Molte città italiane hanno alle
spalle un coraggio mancato e di fronte un coraggio possibile.
La sistematicità.
Sia sotto l’aspetto istituzionale-amministrativo e gestionale sia sotto
quello tecnico, la riqualificazione e
valorizzazione dei centri storici deve poter programmare e gestire gli
interventi in modo sistematico e globale, superando
la compartimentazione che tende a settorializzare, nella pratica di.
intervento, gli aspetti urbanistici così come quelli ingegneristici,
architettonici, impiantistici, sociali ed
economici. Al contrario, il restauro, ma anche la nuova costruzione,
così come la gestione di un complesso residenziale, di una
scuola, presentano un grado di
interrelazione e di intersistematicità tra di loro e con altri aspetti quali la
mobilità, l’energia, l’ambiente, talmente alto da risultare decisivo
nella determinazione della qualità dell’insieme.
La natura ce lo ricorda ogni giorno. È
per questo che la riqualificazione e la rigenerazione vanno ripensate e gestite
approcciandole nella loro
globalità, intersecando e interrelando tutti i fenomeni e i temi e ottimizzandone il grado di integrazione. Si tratta perciò
di rivisitare la cultura tecnica e anche il modus
operandi della pubblica amministrazione che deve riconvertire allo stesso
grado di complessità e globalità, l’opera
di promozione, autorizzazione, compartecipazione, governo e controllo
delle trasformazioni territoriali e delle nuove situazioni che ne sono determinate.
La gestione.
La principale variabile strategica sta nel fatto che
nessun effetto è controllabile se non si gestisce realmente e concretamente il
complesso dei fenomeni presenti. Si
tratta infatti di affrontare gli aspetti urbanistici, architettonici,
impiantistici, residenziali, di trasporto, sociali e antropologici, di servizi
pubblici e privati, avendo in partenza una visione concreta della loro gestione
sotto l’aspetto amministrativo e istituzionale, tecnico, della manutenzione,
sociale ed economico-finanziario.
Si tratta di ridefinire i parametri per l’intervento nei centri storici,
così come nelle città individuando sin dall’inizio adeguate forme di gestione
dei servizi, con l’appropriato coinvolgimento dei privati ma in un’ottica di
globalità e interrelazioni. Il fenomeno urbano non è, infatti, la pura e
semplice sommatoria di funzioni distinte e separate, ma un insieme di
interrelazioni funzionali che ha caratteristiche proprie di sistema aperto e
adattivo. Se quindi la gestione delle singole funzioni (servizio di trasporto
pubblico, sanità, scuola, rifiuti, commercio ecc.) rappresenta un obiettivo
prioritario, lo è ancor più la gestione delle interrelazioni funzionali nel
loro complesso. Organizzare e
gestire i vari livelli di interfaccia tra le distinte funzioni sono dunque la
vera sfida per cercare di programmare e controllare la riqualificazione e
gestione dei centri storici.
La sperimentazione.
È la via per guardare il
rovescio della medaglia dei tentativi, falliti nei
decenni passati, di voler individuare prima, e gestire poi, leggi e normative
teoricamente perfette. Il fenomeno della modificazione urbana,
che comporta un’attività di trasformazione continua del
tessuto, delle tipologie, della funzionalità, dell’architettura, è invece talmente complesso e articolato da non potersi trattare impiegando principi astratti, senza
“sperimentarlo” e senza tentare le
alternative plausibili sotto i vari aspetti sottoponendole alla prova
della gestione del processo.
Nuovi iter per l’approvazione, nuovi
rapporti con l’utenza e con l’opinione pubblica, nuovi e più complessi sistemi di progettazione, nuove
modalità di gestione della città,
possono e devono passare da una fase puramente teorica a una
sperimentale mirata.
Una
sperimentazione che deve necessariamente prendere linfa anche , se non
sopratutto, dai casi innovativi già in corso e , senza farne una banale
fotocopia, copiarli adattandoli alla specifica realtà urbana e territoriale.
La governance e la
partecipazione.
Sono le persone le protagoniste, il target, lo strumento, i beneficiari
in corso e finali di ogni attività, azione e intervento nel centro storico di
una foresta urbana. Due allora i
pilastri per un’innovativa gestione del territorio che veda nella condivisione
tra gli attori e nella partecipazione, le basi di un nuovo modo di vivere nel
benessere naturale. Per quanto
riguarda la governance sono tutti
coloro che ricoprono ruoli particolari e specifici nell’ambito della gestione
pubblica o privata, nell’amministrazione
pubblica, nelle imprese, nelle imprese a movente ideale con le loro
interrelazioni che la rappresentano e il cui modello e stabilità sono un
fattore essenziale per garantire la riuscita delle azioni generali e specifiche.
A tal proposito la complessità della gestione di un territorio è talmente alta
che il modello tradizionale è insufficiente. La tendenza verso
l’autorganizzazione diventa allora sempre più forte per una governance pubblica per
impostare e gestire l’intero processo, anche se oggi persistono
alcune caratteristiche che non gli consentono di estrinsecare e di mettere a
regime adeguatamente le sue funzioni.
Un’organizzazione degli Enti Locali ancora ferma a concetti e
suddivisioni superati, settoriali e per compartimenti stagni che frenano e
ostacolano i flussi naturali e complessi della gestione e realizzazione di
attività e progetti. D’altro canto di fronte alla complessità dell’intero processo
progettuale, realizzativo e gestionale di un intervento, morta e sepolta l’idea
di poter risolvere i problemi pianificando e programmando tutto, la
partecipazione delle persone interessate all’intervento deve diventare parte attiva
del processo, intesa come una strategia per migliorare sia l’efficienza sia
l’efficacia dell’azione pubblica.
Una partecipazione, dunque, che si
adatta di volta in volta alla situazione e all’obiettivo da perseguire,
all’analisi delle persone coinvolte attivamente e passivamente, agli attori
necessari e a quelli desiderati. Un “Confronto
Creativo” come lo definiscono Sclavi e Susskind, dove la politica e la pubblica amministrazione propongono sulla base dei
bisogni e dei desideri e chi partecipa esprime non solo ostacoli e negatività,
ma necessità e proposte, idee e suggerimenti per ottimizzare gli obiettivi e la
loro realizzazione. Persone
che rappresentano interessi di imprese profit e non profit, persone che
governano il processo di intervento, persone che domandano: emerge con forza la
necessità di un approccio sistemico per contemperarne gli input e gestirne gli
output, ottimizzando – per quanto possibile – risorse e risultati attesi. La
prospettiva positiva e ottimistica è quella di arrivare a condividere esigenze
e bisogni del particolare per risolverli nel generale.
Intervento al FRIULI FUTURE FORUM sll'incontro su "IL FUTURO DEI CENTRI STORICI"
Udine, 22 novembre 2013
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