sabato 23 novembre 2013

CENTRI STORICI: UN FUTURO COMPLESSO IN RETE CON LA POSTMODERNITA’


Nello specifico certamente quello della gestione in particolare dei CENTRI STORICI rappresenta un tema complesso e articolato che evidenzia il rischio accentuato di un assetto caotico e disordinato. Si tratta di prendere in conto alcune variabili che spesso non sono considerate con la dovuta attenzione, ma che potrebbero portare un contributo al tentativo di una gestione adeguata: SOSTENIBILITA’, IDENTITA’, SISTEMATICITA’, GESTIONE, SPERIMENTAZIONE e GOVERNANCE.

La sostenibilità.
Rappresenta l’ombrello sotto il quale ridefinire gli obiettivi e le strategie per un futuro progresso nuovo e compatibile con la natura. Un progresso, ricordandone la definizione che ne diede Pasolini già negli anni 60, e non uno sviluppo che vede solo crescite quantitative fino alla distruzione annunciata della Terra.  Si tratta di rivisitare e pianificare nuovi approcci e nuove modalità che vedano gli aspetti ambientali, economici, sociali, istituzionali e culturali al centro di una nuova visione non solo del nostro Paese, ma sinergica e insieme con il resto della Terra alle diverse scale di intervento. Una visione innanzitutto compatibile e fondata sui valori dell’amore, dell’empatia, dell’equità, dell’uguaglianza e della reciprocità tra esseri umani e con la natura. Una visione che faccia si che interventi, produzioni, servizi e attività umane siano ambientalmente “compatibili”, economicamente “sane”, socialmente “giuste”, istituzionalmente “adeguate” e culturalmente di “qualità”.  Come presupposto di fondo occorrerebbe divenire tutti consapevoli, in Italia e nel mondo, come ricorda Morin, di avere un destino, un’identità e un’origine terrestre comune e permettere a ognuno di soddisfare i propri bisogni materiali con sobrietà e vivere bene dal punto di vista qualitativo, dell’essere e non dell’avere, con il desiderio congiunto dell’autonomia e della comunità con l’altro, con amore, valorizzando e attuando i concetti di empatia, dono, reciprocità e gratuità.

L’identità.
Molte città italiane stanno mettendo fortemente a rischio la capacità nel futuro di accogliere pellegrini, turisti e persone di affari, di accudire i propri cittadini, di offrire esperienze ed emozioni. La città con tutta la sua storia, ma anche con tutto il suo presente e i suoi sogni per il futuro, la città come “scambiatore” della rete di un sistema storico e culturale. Città come sistema adattivo composta da una rete fatta di persone, monumenti, paesaggi, case, palazzi, strade, clima, storie e passaggi. Tutto questo non si sente, solo talvolta si vede, si percepisce e si vive.  
Per far ciò serve soprattutto avere un’identità per il futuro.  Un’identità, appunto, che deve misurarsi con la globalizzazione e non solo con il passato, di cui il centro storico rappresenta il simbolo e troppo spesso un simulacro, e connotarsi per un “qualcosa” che racconti e faccia vivere ai suoi abitanti, alle diverse comunità di interessi che compongono e scompongono e ai suoi turisti esperienze e aspirazioni, sogni e realtà che – venendo dal loro passato e non solo – li proiettino in un futuro possibile.  Centro storico che allora entra in rete con gli altri centri storici e in rete con i centri della modernità e della post-modernità nelle foreste urbane. Molte città italiane hanno alle spalle un coraggio mancato e di fronte un coraggio possibile.

La sistematicità.
Sia sotto l’aspetto istituzionale-amministrativo e gestionale sia sotto quello tecnico, la riqualificazione e valorizzazione dei centri storici deve poter programmare e gestire gli interventi in modo sistematico e globale, superando la compartimentazione che tende a settorializzare, nella pratica di. intervento, gli aspetti urbanistici così come quelli ingegneristici, architettonici, impiantistici, sociali ed economici.  Al contrario, il restauro, ma anche la nuova costruzione, così come la gestione di un complesso residenziale,  di una scuola, presentano un grado di interrelazione e di intersistematicità tra di loro e con altri aspetti quali la mobilità, l’energia, l’ambiente, talmente alto da risultare decisivo nella determinazione della qualità dell’insieme.
La natura ce lo ricorda ogni giorno. È per questo che la riqualificazione e la rigenerazione vanno ripensate e gestite approcciandole nella loro globalità, intersecando e interrelando tutti i fenomeni e i temi e ottimizzandone il grado di integrazione.  Si tratta perciò di rivisitare la cultura tecnica e anche il modus operandi della pubblica amministrazione che deve riconvertire allo stesso grado di complessità e globalità, l’opera di promozione, autorizzazione, compartecipazione, governo e controllo delle trasformazioni territoriali e delle nuove situazioni che ne sono determinate.

La gestione.
La principale variabile strategica sta nel fatto che nessun effetto è controllabile se non si gestisce realmente e concretamente il complesso dei fenomeni presenti. Si tratta infatti di affrontare gli aspetti urbanistici, architettonici, impiantistici, residenziali, di trasporto, sociali e antropologici, di servizi pubblici e privati, avendo in partenza una visione concreta della loro gestione sotto l’aspetto amministrativo e istituzionale, tecnico, della manutenzione, sociale ed economico-finanziario.
Si tratta di ridefinire i parametri per l’intervento nei centri storici, così come nelle città individuando sin dall’inizio adeguate forme di gestione dei servizi, con l’appropriato coinvolgimento dei privati ma in un’ottica di globalità e interrelazioni. Il fenomeno urbano non è, infatti, la pura e semplice sommatoria di funzioni distinte e separate, ma un insieme di interrelazioni funzionali che ha caratteristiche proprie di sistema aperto e adattivo. Se quindi la gestione delle singole funzioni (servizio di trasporto pubblico, sanità, scuola, rifiuti, commercio ecc.) rappresenta un obiettivo prioritario, lo è ancor più la gestione delle interrelazioni funzionali nel loro complesso.  Organizzare e gestire i vari livelli di interfaccia tra le distinte funzioni sono dunque la vera sfida per cercare di programmare e controllare la riqualificazione e gestione dei centri storici.

La sperimentazione.
È la via per guardare il rovescio della medaglia dei tentativi, falliti nei decenni passati, di voler individuare prima, e gestire poi, leggi e normative teoricamente perfette. Il fenomeno della modificazione urbana, che comporta un’attività di trasformazione continua del tessuto, delle tipologie, della funzionalità, dell’architettura, è invece talmente complesso e articolato da non potersi trattare impiegando principi astratti, senza “sperimentarlo” e senza tentare le alternative plausibili sotto i vari aspetti sottoponendole alla prova della gestione del processo.
Nuovi iter per l’approvazione, nuovi rapporti con l’utenza e con l’opinione pubblica, nuovi e più complessi sistemi di progettazione, nuove modalità di gestione della città, possono e devono passare da una fase puramente teorica a una sperimentale mirata.
Una sperimentazione che deve necessariamente prendere linfa anche , se non sopratutto, dai casi innovativi già in corso e , senza farne una banale fotocopia, copiarli adattandoli alla specifica realtà urbana e territoriale.

La governance e la partecipazione.
Sono le persone le protagoniste, il target, lo strumento, i beneficiari in corso e finali di ogni attività, azione e intervento nel centro storico di una foresta urbana.  Due allora i pilastri per un’innovativa gestione del territorio che veda nella condivisione tra gli attori e nella partecipazione, le basi di un nuovo modo di vivere nel benessere naturale.  Per quanto riguarda la governance sono tutti coloro che ricoprono ruoli particolari e specifici nell’ambito della gestione pubblica o privata, nell’amministrazione pubblica, nelle imprese, nelle imprese a movente ideale con le loro interrelazioni che la rappresentano e il cui modello e stabilità sono un fattore essenziale per garantire la riuscita delle azioni generali e specifiche. A tal proposito la complessità della gestione di un territorio è talmente alta che il modello tradizionale è insufficiente. La tendenza verso l’autorganizzazione diventa allora sempre più forte per una governance pubblica per impostare e gestire l’intero processo, anche se oggi persistono alcune caratteristiche che non gli consentono di estrinsecare e di mettere a regime adeguatamente le sue funzioni.
Un’organizzazione degli Enti Locali ancora ferma a concetti e suddivisioni superati, settoriali e per compartimenti stagni che frenano e ostacolano i flussi naturali e complessi della gestione e realizzazione di attività e progetti.  D’altro canto di fronte alla complessità dell’intero processo progettuale, realizzativo e gestionale di un intervento, morta e sepolta l’idea di poter risolvere i problemi pianificando e programmando tutto, la partecipazione delle persone interessate all’intervento deve diventare parte attiva del processo, intesa come una strategia per migliorare sia l’efficienza sia l’efficacia dell’azione pubblica.  
Una partecipazione, dunque, che si adatta di volta in volta alla situazione e all’obiettivo da perseguire, all’analisi delle persone coinvolte attivamente e passivamente, agli attori necessari e a quelli desiderati. Un “Confronto Creativo” come lo definiscono Sclavi e Susskind, dove la politica e la pubblica amministrazione propongono sulla base dei bisogni e dei desideri e chi partecipa esprime non solo ostacoli e negatività, ma necessità e proposte, idee e suggerimenti per ottimizzare gli obiettivi e la loro realizzazione.  Persone che rappresentano interessi di imprese profit e non profit, persone che governano il processo di intervento, persone che domandano: emerge con forza la necessità di un approccio sistemico per contemperarne gli input e gestirne gli output, ottimizzando – per quanto possibile – risorse e risultati attesi. La prospettiva positiva e ottimistica è quella di arrivare a condividere esigenze e bisogni del particolare per risolverli nel generale.

Intervento al FRIULI FUTURE FORUM sll'incontro su "IL FUTURO DEI CENTRI STORICI" 
Udine, 22 novembre 2013


  

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