AFFERRARE
IL CONTEMPORANEO CON LA MANO COMPLESSA
A Luigi Pellegrin, un grande visionario che oggi ci
manca.
Agli inizi del terzo millennio ci troviamo di
fronte a due realtà con le quali interagire per poter cercare di gestire i
fenomeni di sviluppo urbani e territoriali. Da un lato una realtà fisica e
materiale: miliardi di persone che si muovono da una città all’altra in pochi
minuti o in poche ore: le foreste urbane. Dall’altro lato abbiamo la realtà
culturale e socio-economica che vede le nostre vite caratterizzate da notevoli
complessità, accompagnate da incertezze diffuse e dalla mancanza di norme di
comportamento condivise. In questo quadro complessivo nuovi modelli (?) di
riferimento per lo sviluppo socio-economico stanno emergendo basati su formule
di interrelazioni umane accompagnate da una rilettura
della “mano invisibile” di Smith. Collaborazione, empatia, assertività, sociale,
qualità, rete, sistemi, integrazione, indipendenza, sono alcuni ingredienti .
Traslando tutto questo nel sottosistema delle modalità di gestione delle città
e dei territori, emerge la necessità di abbandonare le vecchie certezze e i
vecchi manuali per entrare in una sfera di approcci possibili e processi
probabili. Sono necessari interventi sostenibili, che richiedono nuovi approcci
e nuove metodologie che non saranno la semplice somma di diversi addendi, ma
una funzione complessa primaria, integrata a sua volta da una funzione
secondaria, derivante e conseguente dalla primaria. E uno dei capisaldi del
nuovo approccio è quello di entrare definitivamente nell’ordine di idee di
“rovesciare la piramide” del processo della cosi detta “domanda” delle persone,
della gente. Occorrono strumenti e segnali che consentano approcci “mobili”, in
divenire, e siano di supporto alle decisioni: strumenti di monitoraggio e di
misurazione della soddisfazione dei destinatari degli interventi.
Certamente quello della gestione rappresenta,
anche dal punto di vista sistemico, il tema più complesso e articolato che evidenzia il rischio accentuato di un assetto caotico
e disordinato come spesso avviene nelle città di grandi dimensioni e
con scarsa attenzione alle tematiche della complessità. Due in particolare sono
gli ambiti che risultano chiari e sui quali potrebbero essere avviati approcci
innovativi: la gestione complessiva e la gestione dei singoli interventi. Per quanto riguarda il primo si tratta di
prendere in conto
almeno cinque tematiche indispensabili per realizzare concretamente una città
smart: identità,
gestione, sistematicità, sperimentazione
e partecipazione. A
proposito poi della gestione degli
interventi la “mano” nella complessità delle sue cinque “dita” (conoscere,
analizzare, progettare, realizzare e gestire) è lo strumento attuale per
approcciare gli interventi e comprendere se la rotta che si sta percorrendo è
quella voluta. Ogni intervento deve rappresentare un percorso all’interno di un
sistema complesso aperto, dove le variabili in gioco possono mutare nel tempo
richiesto per l’attuazione del progetto, ma dove ognuna di esse si relaziona
con le altre in una fitta rete di persone e di esperienze. Non si tratta di
entrare nel merito delle scelte (con i loro presupposti culturali e storici) e
dei metodi del singolo progettista – architetto, ingegnere, economista o chi
sia –, ma di padroneggiare un quadro di riferimento che consenta, al
committente ma non solo, di intervenire in modo da raggiungere gli obiettivi
con una sufficiente qualità integrata.
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