giovedì 28 novembre 2013

SOSTENIBILITA' : UNICO FUTURO POSSIBILE

Interessante giornata a Milano sui temi della Sostenibilità. Il corso - tenuto dalla ONG "THE NATURAL STEP" ( http://www.naturalstep.org/it) ha illustrato i principali fondamenti per un progresso sostenibile possibile. Le ragioni alla base sono talmente facilmente intuibili (viviamo in una biosfera -la Terra e la sua atmosfera) che è chiusa e può far entrare e uscire solo energia. Tutto quello che produciamo rimane tra di noi.  Per questo dobbiamo cambiare sostanzialmente i nostri modi di vivere altrimenti entro pochi decenni rischieremo seriamente di scomparire come specie e insieme con noi (ma forse ci interessa di meno !)  animali, piante e ogni essere vivente.
Poiché in 4,5 miliardi di anni gli elementi prima materiali e poi viventi hanno trovato un equilibrio naturale (basato sostanzialmente sulla foto-sintesi) dovremmo cercare di rispettare tale equilibrio (del quale fino a qualche secolo fa facevamo parte anche noi finchè non abbiamo cominciato a crescere a dismisura - vedi slide di seguito) prendendo alcune elementari misure:



  1. smetterla di continuare a consumare sostanze estratte dalla crosta terrestre (dal petrolio ai minerali vari) se non siamo certi dei tempi di ricostituzione delle stesse rispetto ai tempi di consumo;
  2. smetterla di concentrare sostanze prodotte dall'uomo e non presenti in natura (molte derivanti dalla chimica) in quanto non compatibili con l'equilibrio raggiunto o troppo discordanti rispetto ai tempi e modi dei nuovi equilibri;
  3. smetterla di consumare e degradare fisicamente la natura. ( strade, taglio di boschi, cementificazioni, che riducono le superfici per la fotosintesi e non solo)
  4. consentire a tutte le persone presenti (per ora 7 miliardi) di soddisfare i propri bisogni (sussistenza, identità, creazione, riposo-ozio, partecipazione, libertà, comprensione, affetto, protezione)
Ci vorrà un pò di tempo. Ma non troppo! Certo non sarà facile considerati i secoli che abbiamo consumato nella convinzione e nell'educazione a considerare le risorse infinite, lo sviluppo infinito, la crescita infinita e insieme tutto settorializzato e specializzato. 
Approcci sistemici e complessi con una vision sostenibile. Ce la faremo?

sabato 23 novembre 2013

CENTRI STORICI: UN FUTURO COMPLESSO IN RETE CON LA POSTMODERNITA’


Nello specifico certamente quello della gestione in particolare dei CENTRI STORICI rappresenta un tema complesso e articolato che evidenzia il rischio accentuato di un assetto caotico e disordinato. Si tratta di prendere in conto alcune variabili che spesso non sono considerate con la dovuta attenzione, ma che potrebbero portare un contributo al tentativo di una gestione adeguata: SOSTENIBILITA’, IDENTITA’, SISTEMATICITA’, GESTIONE, SPERIMENTAZIONE e GOVERNANCE.

La sostenibilità.
Rappresenta l’ombrello sotto il quale ridefinire gli obiettivi e le strategie per un futuro progresso nuovo e compatibile con la natura. Un progresso, ricordandone la definizione che ne diede Pasolini già negli anni 60, e non uno sviluppo che vede solo crescite quantitative fino alla distruzione annunciata della Terra.  Si tratta di rivisitare e pianificare nuovi approcci e nuove modalità che vedano gli aspetti ambientali, economici, sociali, istituzionali e culturali al centro di una nuova visione non solo del nostro Paese, ma sinergica e insieme con il resto della Terra alle diverse scale di intervento. Una visione innanzitutto compatibile e fondata sui valori dell’amore, dell’empatia, dell’equità, dell’uguaglianza e della reciprocità tra esseri umani e con la natura. Una visione che faccia si che interventi, produzioni, servizi e attività umane siano ambientalmente “compatibili”, economicamente “sane”, socialmente “giuste”, istituzionalmente “adeguate” e culturalmente di “qualità”.  Come presupposto di fondo occorrerebbe divenire tutti consapevoli, in Italia e nel mondo, come ricorda Morin, di avere un destino, un’identità e un’origine terrestre comune e permettere a ognuno di soddisfare i propri bisogni materiali con sobrietà e vivere bene dal punto di vista qualitativo, dell’essere e non dell’avere, con il desiderio congiunto dell’autonomia e della comunità con l’altro, con amore, valorizzando e attuando i concetti di empatia, dono, reciprocità e gratuità.

L’identità.
Molte città italiane stanno mettendo fortemente a rischio la capacità nel futuro di accogliere pellegrini, turisti e persone di affari, di accudire i propri cittadini, di offrire esperienze ed emozioni. La città con tutta la sua storia, ma anche con tutto il suo presente e i suoi sogni per il futuro, la città come “scambiatore” della rete di un sistema storico e culturale. Città come sistema adattivo composta da una rete fatta di persone, monumenti, paesaggi, case, palazzi, strade, clima, storie e passaggi. Tutto questo non si sente, solo talvolta si vede, si percepisce e si vive.  
Per far ciò serve soprattutto avere un’identità per il futuro.  Un’identità, appunto, che deve misurarsi con la globalizzazione e non solo con il passato, di cui il centro storico rappresenta il simbolo e troppo spesso un simulacro, e connotarsi per un “qualcosa” che racconti e faccia vivere ai suoi abitanti, alle diverse comunità di interessi che compongono e scompongono e ai suoi turisti esperienze e aspirazioni, sogni e realtà che – venendo dal loro passato e non solo – li proiettino in un futuro possibile.  Centro storico che allora entra in rete con gli altri centri storici e in rete con i centri della modernità e della post-modernità nelle foreste urbane. Molte città italiane hanno alle spalle un coraggio mancato e di fronte un coraggio possibile.

La sistematicità.
Sia sotto l’aspetto istituzionale-amministrativo e gestionale sia sotto quello tecnico, la riqualificazione e valorizzazione dei centri storici deve poter programmare e gestire gli interventi in modo sistematico e globale, superando la compartimentazione che tende a settorializzare, nella pratica di. intervento, gli aspetti urbanistici così come quelli ingegneristici, architettonici, impiantistici, sociali ed economici.  Al contrario, il restauro, ma anche la nuova costruzione, così come la gestione di un complesso residenziale,  di una scuola, presentano un grado di interrelazione e di intersistematicità tra di loro e con altri aspetti quali la mobilità, l’energia, l’ambiente, talmente alto da risultare decisivo nella determinazione della qualità dell’insieme.
La natura ce lo ricorda ogni giorno. È per questo che la riqualificazione e la rigenerazione vanno ripensate e gestite approcciandole nella loro globalità, intersecando e interrelando tutti i fenomeni e i temi e ottimizzandone il grado di integrazione.  Si tratta perciò di rivisitare la cultura tecnica e anche il modus operandi della pubblica amministrazione che deve riconvertire allo stesso grado di complessità e globalità, l’opera di promozione, autorizzazione, compartecipazione, governo e controllo delle trasformazioni territoriali e delle nuove situazioni che ne sono determinate.

La gestione.
La principale variabile strategica sta nel fatto che nessun effetto è controllabile se non si gestisce realmente e concretamente il complesso dei fenomeni presenti. Si tratta infatti di affrontare gli aspetti urbanistici, architettonici, impiantistici, residenziali, di trasporto, sociali e antropologici, di servizi pubblici e privati, avendo in partenza una visione concreta della loro gestione sotto l’aspetto amministrativo e istituzionale, tecnico, della manutenzione, sociale ed economico-finanziario.
Si tratta di ridefinire i parametri per l’intervento nei centri storici, così come nelle città individuando sin dall’inizio adeguate forme di gestione dei servizi, con l’appropriato coinvolgimento dei privati ma in un’ottica di globalità e interrelazioni. Il fenomeno urbano non è, infatti, la pura e semplice sommatoria di funzioni distinte e separate, ma un insieme di interrelazioni funzionali che ha caratteristiche proprie di sistema aperto e adattivo. Se quindi la gestione delle singole funzioni (servizio di trasporto pubblico, sanità, scuola, rifiuti, commercio ecc.) rappresenta un obiettivo prioritario, lo è ancor più la gestione delle interrelazioni funzionali nel loro complesso.  Organizzare e gestire i vari livelli di interfaccia tra le distinte funzioni sono dunque la vera sfida per cercare di programmare e controllare la riqualificazione e gestione dei centri storici.

La sperimentazione.
È la via per guardare il rovescio della medaglia dei tentativi, falliti nei decenni passati, di voler individuare prima, e gestire poi, leggi e normative teoricamente perfette. Il fenomeno della modificazione urbana, che comporta un’attività di trasformazione continua del tessuto, delle tipologie, della funzionalità, dell’architettura, è invece talmente complesso e articolato da non potersi trattare impiegando principi astratti, senza “sperimentarlo” e senza tentare le alternative plausibili sotto i vari aspetti sottoponendole alla prova della gestione del processo.
Nuovi iter per l’approvazione, nuovi rapporti con l’utenza e con l’opinione pubblica, nuovi e più complessi sistemi di progettazione, nuove modalità di gestione della città, possono e devono passare da una fase puramente teorica a una sperimentale mirata.
Una sperimentazione che deve necessariamente prendere linfa anche , se non sopratutto, dai casi innovativi già in corso e , senza farne una banale fotocopia, copiarli adattandoli alla specifica realtà urbana e territoriale.

La governance e la partecipazione.
Sono le persone le protagoniste, il target, lo strumento, i beneficiari in corso e finali di ogni attività, azione e intervento nel centro storico di una foresta urbana.  Due allora i pilastri per un’innovativa gestione del territorio che veda nella condivisione tra gli attori e nella partecipazione, le basi di un nuovo modo di vivere nel benessere naturale.  Per quanto riguarda la governance sono tutti coloro che ricoprono ruoli particolari e specifici nell’ambito della gestione pubblica o privata, nell’amministrazione pubblica, nelle imprese, nelle imprese a movente ideale con le loro interrelazioni che la rappresentano e il cui modello e stabilità sono un fattore essenziale per garantire la riuscita delle azioni generali e specifiche. A tal proposito la complessità della gestione di un territorio è talmente alta che il modello tradizionale è insufficiente. La tendenza verso l’autorganizzazione diventa allora sempre più forte per una governance pubblica per impostare e gestire l’intero processo, anche se oggi persistono alcune caratteristiche che non gli consentono di estrinsecare e di mettere a regime adeguatamente le sue funzioni.
Un’organizzazione degli Enti Locali ancora ferma a concetti e suddivisioni superati, settoriali e per compartimenti stagni che frenano e ostacolano i flussi naturali e complessi della gestione e realizzazione di attività e progetti.  D’altro canto di fronte alla complessità dell’intero processo progettuale, realizzativo e gestionale di un intervento, morta e sepolta l’idea di poter risolvere i problemi pianificando e programmando tutto, la partecipazione delle persone interessate all’intervento deve diventare parte attiva del processo, intesa come una strategia per migliorare sia l’efficienza sia l’efficacia dell’azione pubblica.  
Una partecipazione, dunque, che si adatta di volta in volta alla situazione e all’obiettivo da perseguire, all’analisi delle persone coinvolte attivamente e passivamente, agli attori necessari e a quelli desiderati. Un “Confronto Creativo” come lo definiscono Sclavi e Susskind, dove la politica e la pubblica amministrazione propongono sulla base dei bisogni e dei desideri e chi partecipa esprime non solo ostacoli e negatività, ma necessità e proposte, idee e suggerimenti per ottimizzare gli obiettivi e la loro realizzazione.  Persone che rappresentano interessi di imprese profit e non profit, persone che governano il processo di intervento, persone che domandano: emerge con forza la necessità di un approccio sistemico per contemperarne gli input e gestirne gli output, ottimizzando – per quanto possibile – risorse e risultati attesi. La prospettiva positiva e ottimistica è quella di arrivare a condividere esigenze e bisogni del particolare per risolverli nel generale.

Intervento al FRIULI FUTURE FORUM sll'incontro su "IL FUTURO DEI CENTRI STORICI" 
Udine, 22 novembre 2013


  

IL FUTURO DELLE FORESTE URBANE

http://www.friulifutureforum.com/2013/11/20/future-forum-2013-il-futuro-della-citta-e-nella-partecipazione/

giovedì 21 novembre 2013

“DALLE CITTA’ ALLE FORESTE URBANE: COMPLESSE, CONDIVISE E PERSONALI”


Dopo aver inquadrato la situazione ambientale e socio economica in corso che riguarda perlomeno il mondo cosi detto “occidentale”, e che è rappresentabile come una forte fase di cambiamento di paradigma e quindi delle persone che vivono nelle città ormai “foreste urbane”, ci si sofferma su i quattro aspetti che caratterizzeranno le trasformazioni urbane dei prossimi decenni.  In particolare si ritiene che:
1)   i territori sono FORESTE URBANE: conseguenza della crescita degli esseri umani, dell’invasione della terra;
2)   le citta’ saranno complesse: INTERDISCIPLINARI E INTERFUNZIONALI: conseguenza della complessita’ ritrovata e trovata consapevolmente
3)   le citta’ saranno governate dalle PERSONE: conseguenza dell’evoluzione della cultura
4)   le citta’ saranno il luogo della CREATIVITA’: conseguenza dell’evoluzione della  storia

In particolare ognuna di queste caratteristiche dovrà comportare approcci innovativi e un sostanziale cambio di modalità gestionali e progettuali delle città. Pubblica Amministrazione, imprese, imprese sociali si troveranno al tavolo della governance insieme con tutta la gente abitante della foresta urbana ormai acculturata e sostanzialmente soddisfatta dei bisogni primari e quindi “geneticamente” più pronta, capace e desiderosa di partecipare e proporre idee e progetti per la propria comunità.

I territori saranno sempre più FORESTE URBANE [1] in tempi di modernità liquida e di città-mondo, tutto avverrà al di fuori delle mura perimetrali. Confini territoriali e immaginari non cingono più le polis di un tempo, ma si confondono nell’ubiquità di un’unica città senza nome. Territori postmoderni work in progress continui: foreste secolari che hanno subito ondate di taglio selettivo o aree ricresciute ai margini, dopo operazioni di “taglia e brucia” (“slash and burn”). In questo contesto di cambiamento va rivisitato il vecchio obiettivo – come tanti altri - di pianificare e realizzare città perfette e occorrerà :

·      dare residenza alla SPERIMENTAZIONE. La città deve rendere trasparenti e open i processi di innovazione e divenire così un sistema di Living Lab, laboratorio a cielo aperto dove sperimentare le nuove soluzioni del vivere, con-vivere e produrre urbano.
·      praticare AGOPUNTURA URBANA. Promuovere l’assetto urbano nelle piccole dimensioni sperimentando interventi di riqualificazione dei quartieri secondo una logica previsionale e sostenibile (ambientalmente, economicamente, e socialmente) di ampio respiro, capace di coniugare committenza privata e ragioni del contesto sociale.
·      valorizzare il GENIUS LOCI. Costruire una via tutta italiana all’idea di città intelligente: promuovere il passaggio dal concetto di smart city a quello di senseable city, che non guardi al paesaggio urbano esclusivamente come luogo dei consumi. Luoghi comuni come sensori e attivatori dell’informazione e della comunicazione.

Ma la citta’ è anche complessa: INTERDISCIPLINARE & INTERFUNZIONALE. Se per i processi di produzione industriale è finita l’epoca fordista, anche per i processi di intervento sul territorio si è conclusa l’epoca “ingegneristica” o “economicistica” e anche “urbanistica”.
La complessità delle interrelazioni tra le molte componenti necessarie per raggiungere l’obiettivo di progettare , realizzare e gestire, richiede interventi capaci di far interagire temi e specializzazioni diversi e al contempo l’obiettivo stesso che si vuole raggiungere è integrato e interdisciplinare: non è più il risultato di una cultura specialistica, ma un vero e proprio sistema, una rete complessa di riferimenti culturali ed esperienziali.
L’interdiscipinarietà, l’integrazione, la multiculturalità ovvero la complessità: la tecnica, l’economia, la finanza, l’ambiente, il sociale, la comunicazione, la psicologia. C’è una ricetta con gli stessi ingredienti per ogni intervento. C’è una rete di interrelazioni e di informazioni che connette – di volta in volta in forme, contenuti e tempi diversi – le componenti di un progetto e ne consente la realizzazione.
Gestire - vivere - produrre - muovere – sperimentare. Cinque momenti complici e complementari per afferrare con mano complessa la città contemporanea. Temi che entrano in una polifonia sollecitata da ciascun momento. Dove contenuto e contenitore riflettono la stessa volontà di superare i recinti disciplinari per accendere il dialogo, la partecipazione e il confronto.  Per questo sarà importante :
·      afferrare il contemporaneo con MANO COMPLESSA e rinunciare alla semplificazione: la complessità della fenomenologia urbana reclama uno sguardo sistemico, l’interazione di competenze e specializzazioni diverse, un approccio integrato e interdisciplinare. L’esito di un programma complesso e di una strategia di interazione con i soggetti, le istituzioni, le comunità, i gruppi che abitano e usano il territorio.
·      ASSETTO COMPLESSO. I processi di riqualificazione e di pianificazione vanno gestiti con almeno due presupposti di base:
o   Mobilità e residenzialità delle funzioni come variabili di base;
o   Interessi e funzioni dei cittadini, delle imprese, delle organizzazioni di volontariato e della amministrazione pubblica come riferimento biunivoco continuo e permanente

Insieme alla complessità, “dobbiamo liberarci dalla tendenza di considerare le città come l’insieme dei loro edifici, e ricordare che la città è fatta di carne, non di calcestruzzo.” Ci ricorda il sociologo americano Glaeser.
Quello che è certo è che nell’epoca in cui siamo abbiamo bisogno nella  governance dei territori della PARTECIPAZIONE. Sono le persone insieme con le imprese, le imprese sociali, le amministrazioni pubbliche, le protagoniste, il target, lo strumento, i beneficiari in corso e finali di ogni attività, azione e intervento nella foresta urbana.

Siamo passati, nel clima postmoderno, dall’urbanistica alla Mumford che aveva come parametro di riferimento l’Uomo, alla gente. Conseguentemente occorrerà:

·      progettare in FORMA APERTA. Il progetto è itineranza e mediazione. Obiettivo: cogliere e capire i germogli di vita relazionale, rendere infrastruttura ciò che è stato suggerito dagli abitanti.:
·      rovesciare la PIRAMIDE. Chi tradizionalmente sta alla base della vecchia dinamica top-down deve essere posto al vertice, per esprimere bisogni e desideri ed esercitare consapevolmente il ruolo di partecipazione e indirizzo.
·      dare spazio alla COMUNITÀ. La città è un bene comune, abitata dal “noi” sociale.
·      condividere il PROGRESSO. La città come luogo di sperimentazione e applicazione di nuove modalità partecipative alle attività di progresso per un benessere sostenibile
·      INVESTIMENTI E RISORSE INTEGRATE tra le diverse pubbliche amministrazioni che governano il territorio.

Tutti elementi e caratterizzazioni quelle sopra sintetizzate che avranno un “loro perché” nel momento in cui la città sarà un luogo di CREATIVITA’. Un luogo, uno spazio, un territorio che prima vittima della delocalizzazione produttiva diviene ora protagonista di localizzazione creativa. Recentemente Enrico Moretti ha descritto l’importanza della città in quanto luogo per eccellenza della creatività e dell’innovazione stante la localizzazione di persone che la generano nelle università, imprese, comunità di interessi. Una localizzazione che ogni volta che genera un posto di lavoro ad alto contenuto tecnologico ne produce altri cinque nuovi.
Si tratta di riconsiderare quindi la città e il suo contorno “forestale” come luogo della creatività delle persone che si incontrano e quindi di creare le condizioni perché ciò avvenga con continuità
Assistiamo infatti da alcuni anni recenti al doppio fenomeno di imprese che tornano in città (fine del funzionalismo urbano) e di imprese che cercano qualità e quindi le persone capaci e preparate. Emerge quindi con forza la necessità di implementare sia la presenza, sia la qualità e sia le interrelazioni tra UNIVERSITA’, IMPRESE, SERVIZI PUBBLICI, CULTURA e  “allestire esperienze”. Il futuro è l’esperenzializzazione: la fruizione di servizi tangibili e intangibili attraverso l’evocazione della città immaginata e della città vissuta.

SINTESI DELL'INTERVENTO TENUTO IN OCCASIONE FRIULI FUTURE FORUM SUL TEMA DI "LE ESPERIENZE DI TRASFORMAZIONE URBANA CHE CAMBIERANNO LE NOSTRE CITTA’" - Udine 19 novembre 2013
http://www.friulifutureforum.net/futureforum/iv-settimana/
[1] In questo contesto si è tenuto a Roma pochi mesi or sono la Conferenza internazionale “La città senza nome. Foreste Urbane” a cura del CENTRO INTERDISCIPLINARE DI RICERCA SUL PAESAGGIO CONTEMPORANEO (www.cittasenzanome.org) e dell’Associazione ITALIA 2020 (www.associazioneitalia2020.it) dove si è cercato di fare il punto sulla situazione che, partendo da una serie di presupposti derivanti da un approccio sistemico e interdisciplinare, ha portato a delineare alcune linee di tendenza che qui sono citate nei diversi temi. L’iniziativa è stata ideata e curata da Fulvio Caldarelli, Claudio Cipollini e Maurizio Rossi.