giovedì 29 novembre 2012


AFFERRARE IL CONTEMPORANEO CON LA MANO COMPLESSA
A Luigi Pellegrin, un grande visionario che oggi ci manca.

Agli inizi del terzo millennio ci troviamo di fronte a due realtà con le quali interagire per poter cercare di gestire i fenomeni di sviluppo urbani e territoriali. Da un lato una realtà fisica e materiale: miliardi di persone che si muovono da una città all’altra in pochi minuti o in poche ore: le foreste urbane. Dall’altro lato abbiamo la realtà culturale e socio-economica che vede le nostre vite caratterizzate da notevoli complessità, accompagnate da incertezze diffuse e dalla mancanza di norme di comportamento condivise. In questo quadro complessivo nuovi modelli (?) di riferimento per lo sviluppo socio-economico stanno emergendo basati su formule di interrelazioni umane accompagnate da una rilettura della “mano invisibile” di Smith. Collaborazione, empatia, assertività, sociale, qualità, rete, sistemi, integrazione, indipendenza, sono alcuni ingredienti . Traslando tutto questo nel sottosistema delle modalità di gestione delle città e dei territori, emerge la necessità di abbandonare le vecchie certezze e i vecchi manuali per entrare in una sfera di approcci possibili e processi probabili. Sono necessari interventi sostenibili, che richiedono nuovi approcci e nuove metodologie che non saranno la semplice somma di diversi addendi, ma una funzione complessa primaria, integrata a sua volta da una funzione secondaria, derivante e conseguente dalla primaria. E uno dei capisaldi del nuovo approccio è quello di entrare definitivamente nell’ordine di idee di “rovesciare la piramide” del processo della cosi detta “domanda” delle persone, della gente. Occorrono strumenti e segnali che consentano approcci “mobili”, in divenire, e siano di supporto alle decisioni: strumenti di monitoraggio e di misurazione della soddisfazione dei destinatari degli interventi.
Certamente quello della gestione rappresenta, anche dal punto di vista sistemico, il tema più complesso e articolato che evidenzia il rischio accentuato di un assetto caotico e disordinato come spesso avviene nelle città di grandi dimensioni e con scarsa attenzione alle tematiche della complessità. Due in particolare sono gli ambiti che risultano chiari e sui quali potrebbero essere avviati approcci innovativi: la gestione complessiva e la gestione dei singoli interventi.  Per quanto riguarda il primo si tratta di prendere in conto almeno cinque tematiche indispensabili per realizzare concretamente una città smart: identità, gestione, sistematicità, sperimentazione e partecipazione.  A proposito poi della gestione degli interventi la “mano” nella complessità delle sue cinque “dita” (conoscere, analizzare, progettare, realizzare e gestire) è lo strumento attuale per approcciare gli interventi e comprendere se la rotta che si sta percorrendo è quella voluta. Ogni intervento deve rappresentare un percorso all’interno di un sistema complesso aperto, dove le variabili in gioco possono mutare nel tempo richiesto per l’attuazione del progetto, ma dove ognuna di esse si relaziona con le altre in una fitta rete di persone e di esperienze. Non si tratta di entrare nel merito delle scelte (con i loro presupposti culturali e storici) e dei metodi del singolo progettista – architetto, ingegnere, economista o chi sia –, ma di padroneggiare un quadro di riferimento che consenta, al committente ma non solo, di intervenire in modo da raggiungere gli obiettivi con una sufficiente qualità integrata. 

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