Attento
e circostanziato (più di 800 pagine) il Rapporto 2015 della SVIMEZ, presentato oggi alla Camera dei Deputati, nella sua analisi molte
delle criticità che affliggono i territori meridionali e tre temi
principali su cui far leva per creare sviluppo: logistica economica, energia e
città insieme con una sorta di piano strategico, ma solo industriale.
Quello che non ho trovato è invece una vision
politico-strategica complessiva di tutto il Sud, che proprio a causa della sua
attuale situazione – di fatto una seconda Italia – ha invece l’opportunità per
disegnare con tutti gli attori (giovani, ma più di testa che non di età)
imprese, pubblica amministrazione e imprese sociali, l’obiettivo cui tendere e
da raggiungere nei prossimi 5-10 anni.
Su
questo tema penso che occorra avviare un
processo di proposta, confronto e quindi decisione che nasca dalle esigenze e
dalle caratteristiche endogene dei territori e delle persone senza imporre
modelli di sviluppo “stranieri” e “burocratico-meccanicistici”, fermo restando
la responsabilità di ognuno a svolgere i proprio ruolo con etica e
professionalità.
Un
Sud dove sia assicurata la mobilità (e non le infrastrutture fini a se stesse)
delle persone , delle merci e dei dati; l’industria, l’agroalimentare e il
turismo (che nel Rapporto della Svimez si è perso) siano i mezzi per un benessere
sostenibile ambientalmente, socialmente e economicamente integrati con il
volontariato e le imprese sociali. Un Sud governato in questa fase critica storica
con modalità innovative che vedano un approccio integrato tra Stato, Regioni e
Enti Locali più focalizzato e quindi organizzato per la risoluzione delle problematiche e del
raggiungimento dell’obiettivo generale che non sulla spartizione di deleghe,
funzioni e competenze.
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