Ancora una volta occorre notare come qualunque progetto di sviluppo di locale
non possa basarsi su una sommatoria di elementi tra loro separati o – ancor
peggio – su un progetto tecnico che da solo dovrebbe giustificarne la necessità,
o su un’analisi costi e benefici, la cui redditività determini automaticamente
la decisione (nel presupposto, scientificamente poco attendibile, che tutto sia
quantificabile) o, infine, soltanto su una valutazione di sostenibilità ambientale.
Al contrario, una procedura corretta ed efficace dovrebbe riassumere e
sintetizzare, sotto l’aspetto tecnico e amministrativo, le varie tematiche, e
costituire il frutto di un complesso sistema di interrelazioni
tecnico-scientifiche e temporali che definiscano – mediante indicatori di
carattere tecnico, economico, sociale e ambientale (e anche istituzionale come
afferma Gaetano Esposito), e non solo – le caratteristiche del progetto da
realizzare, adottando di volta in volta le metodologie più adatte al caso
specifico, con un approccio “postmoderno”, flessibile e adattivo. Lo afferma chiaramente
Edgar Morin il “sociologo della complessità”, quando definisce il principio
della semplificazione e il principio della complessità:
“Direi che
il principio della semplificazione si fonda sulla separazione dei diversi
domini della conoscenza; in questo caso, gli oggetti della conoscenza sono
separati dal loro contesto. Si crede perciò di “conoscere” separando l’oggetto.
Il primo aspetto della semplificazione è la separazione, il secondo è la
riduzione: la conoscenza di un insieme di elementi viene ridotta alla
conoscenza delle singole parti. Al contrario, il principio di complessità
consiste nel mantenere intatto l’intreccio degli oggetti: distinguendoli, ma
tenendoli insieme. Di conseguenza, ho cercato di sviluppare tutti gli strumenti
necessari per tenere insieme gli oggetti della conoscenza come l’anello
retroattivo, l’anello ricorsivo, la dialogica e così via.”
(intervista in Benkirane, La teoria
della complessità, Bollati Boringhieri, Torino.
2007, pp. 23-4),
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